Fatture con importi anche triplicati rispetto ai prezzi in negozio. “Gli installatori e la distribuzione possono elaborare offerte più competitive”, commenta Enrico Celin, Presidente ANGAISA
Un’inchiesta destinata a far discutere il mondo dell’edilizia e dell’impiantistica: nell’ultima puntata di Dataroom — il format d’inchiesta di Milena Gabanelli per il Corriere della Sera — si parla di Ecobonus e dei prezzi maggiorati che le grandi multiutility dell’energia fanno pagare per caldaie e pompe di calore negli interventi di riqualificazione energetica.
Una caldaia Riello Residence 30? Nel preventivo di Eni gas e luce costa 2911 euro, a cui si aggiungono 1080 euro di “oneri accessori”. In negozio, invece, costerebbe circa 1600 euro, installazione compresa. Una pompa di calore Haier Tundra 2.0? 1957 nel preventivo di RetiEnergia, 440 euro più 250 euro di installazione in negozio. “Le multiutility interpellate giustificano i ricarichi con le spese di gestione della pratica e l’anticipo del credito”, scrivono Marco Bonarrigo e Milena Gabanelli. La faccenda è complicata dalla mancanza di un listino prezzi “ufficiale” di questi prodotti, per cui è difficile risalire a un prezzo esatto.
Chi ci rimette?
Sulla carta, le offerte “chiavi in mano” dei grandi colossi dell’energia sembrano decisamente più vantaggiose, almeno in termini di impegno burocratico: oltre alla certezza di avere lo sconto direttamente in fattura, le multiutility si occupano di tutti gli adempimenti normativi necessari per ottenere la detrazione. In realtà, la maggiore comodità finisce per comportare anche una maggiore spesa per i clienti finali, oltre a un danno considerevole per le casse dello Stato. Il tutto mentre i controlli dell’Agenzia delle Entrate, che dovrebbero essere svolti a campione, non sembrano sufficienti a individuare le irregolarità.
Il mercato è sbilanciato, ma le alternative esistono
Da sempre le associazioni di settore denunciano le condizioni “impari” di un mercato in cui le grandi multiutility dell’energia possono permettersi molto più facilmente di offrire lo sconto in fattura e la cessione del credito, godendo della liquidità necessaria per anticipare il costo degli interventi in attesa di recuperare i crediti fiscali dallo Stato. Una disparità solo parzialmente appianata dalla possibilità, introdotta con il Decreto Rilancio, di cedere i crediti anche a banche e istituti di credito.
“La situazione fotografata dall’inchiesta è sostanzialmente corretta”, commenta Enrico Celin, presidente ANGAISA, l’associazione nazionale dei commercianti ITS. “Le multiutility stanno proponendo il listino senza sconti, facendo lievitare la propria prestazione e giustificando i costi accessori con le pratiche legate alla cessione del credito”. Le alternative sul mercato però ci sono: “Sicuramente i piccoli negozi si trovano fuori da questo business perché non concedono la cessione del credito”, continua Celin, “ma gli installatori no, e possono stare all’interno di questo circuito in collaborazione con i distributori. L’operazione è vantaggiosa e sicuramente non raggiunge valori simili. Le multiutility hanno il vantaggio dell’acquisizione diretta del credito e della rateizzazione dei pagamenti legata al rapporto post-contatore, e per questo fanno una concorrenza molto forte. Ma gli installatori e la distribuzione possono certamente avere uno spazio più importante, anche con offerte competitive rispetto alle multiutility”.
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Offri lo sconto in fattura per le pratiche di Ecobonus e Superbonus? Pensi anche tu che la concorrenza delle multiutility sia troppo forte? O al contrario lavori per una multiutility e pensi che i prezzi denunciati dall’inchiesta di Milena Gabanelli siano giustificati? Scrivici la tua opinione! Manda una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.