Un’ordinanza della Cassazione riconosce l’importanza del “diritto al riposo”, richiamandosi alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo
La sesta sezione Civile della Corte di Cassazione ha emesso il 28 luglio 2021 un’ordinanza (n° 21649) che ha fatto molto discutere, anche per via dei titoli di giornale “sensazionalistici” con cui è stata divulgata. Vi sarà capitato di leggere, probabilmente, che lo sciacquone troppo rumoroso costituisce addirittura “una violazione dei diritti umani”. Ma è proprio così?
L’ordinanza riguarda una controversia tra vicini di casa, sorta quando due coniugi decidono di rivolgersi al Tribunale di La Spezia per protestare contro i rumori eccessivi provenienti da un secondo bagno creato dai proprietari dell’appartamento confinante. Bocciati in primo grado, i due decidono di ricorrere in appello a Genova, vedendosi riconosciuto il diritto a un risarcimento di 500 euro all’anno a partire dal 2003 – anno in cui il wc “incriminato” è stato installato – mentre i vicini vengono obbligati a trovare una nuova collocazione allo scarico.
Quest’ultimo era infatti collocato nella parete divisoria, spessa appena 22 centimetri, tra il bagno e la camera da letto dei vicini, proprio in corrispondenza della testiera del letto, “pregiudicando la normale qualità della vita in un luogo destinato al riposo”. La Cassazione ha riconosciuto le ragioni dei giudici d’Appello, rigettando il ricorso presentato dai proprietari dell’appartamento. E l’ha fatto riprendendo la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani in merito alla “tutela della vivibilità dell'abitazione e alla qualità della vita all'interno di essa, riconoscendo alle parti assoggettate ad immissioni intollerabili un consistente risarcimento del danno”. Come spiega l’avvocato Davide Gambetta sul Sole 24 Ore, non è tanto lo sciacquone a “violare i diritti umani”, quanto “il danno, ripetuto, frequente e reiterato alla vivibilità dell'appartamento” confinante, che pregiudica anche la qualità della vita e il “diritto al rispetto della propria vita privata e familiare” (art. 8 della CEDU).
Si tratta, in sintesi, di un riconoscimento del diritto al riposo, che può essere gravemente pregiudicato da uno scarico rumoroso e installato con pochi riguardi. “La soglia di normale tollerabilità dell’immissione rumorosa” – specificano inoltre i giudici cassazionisti nell’ordinanza – “non ha carattere assoluto, ma dipende dalla situazione ambientale, dalle caratteristiche della zona e dalle abitudini degli abitanti”.